Natalia Romanchenko. Ridefinire la Vanitas nell’Arte Contemporanea
3/3/2024 Raso Alex
"Memento Harmonia", l’ultima mostra di Natalia Romanchenko presso Palazzo della Zattere, Venezia (11 luglio – 9 agosto 2023), ospitata in uno degli spazi della V-A-C Foundation, è una radicale meditazione sulla mortalità, la transitorietà e l’estetica del decadimento, resa attraverso un coinvolgimento multisensoriale con il patrimonio musicale veneziano. Con la sua evocativa convergenza tra composizione visiva e suono immersivo, la mostra attinge alle tradizioni barocche mentre interagisce criticamente con il discorso contemporaneo sul corpo, la perdita e la materialità della pittura. La meticolosa tecnica pittorica di Romanchenko, intrecciata a un paesaggio sonoro immersivo,
situa la sua pratica all'interno di una storia ampliata della vanitas, richiamando artisti che vanno da Peter Paul Rubens e Francisco de Zurbarán fino ad Anselm Kiefer e Berlinde De Bruyckere. Attraverso questo approccio, "Memento Harmonia" riconfigura il genere storico del requiem come esperienza sia uditiva che visiva, sfidando le convenzionali distinzioni tra pittura e performance, presenza e assenza.
Questa mostra segna un momento significativo nella carriera di Romanchenko, poiché di recente è stata insignita del Superioritas Art Award 2024 nella categoria "Winners of the Special Prize", in riconoscimento del suo eccezionale contributo all’arte contemporanea. Questo prestigioso riconoscimento sottolinea la sua capacità di fondere le eredità artistiche tradizionali con un approccio innovativo e profondamente concettuale ai temi contemporanei della mortalità, della perdita e della memoria.
Le tre grandi tele di Romanchenko—"Gathering of the Fragile", "Disruption of the Flesh", e "Silent Ascent", disposte nello spazio cavernoso e scarsamente illuminato di Palazzo della Zattere—si impegnano in una dialettica tra il corporeo e l’effimero. Il motivo ricorrente degli uccelli morti, rappresentati con inquietante precisione ma privi di una specificità narrativa, richiama la tradizione fiamminga del pronkstilleven, in particolare le composizioni vanitas di Willem Claesz Heda e Jan Weenix. Tuttavia, a differenza dei suoi predecessori del XVII secolo, Romanchenko evita ogni risoluzione simbolica, privando le immagini della loro cornice moralizzante.
Il suo trattamento della pittura in "Disruption of the Flesh" è particolarmente degno di nota. Strati di velature traslucide sovrapposti a spesse pennellate impasto creano una tensione tra superficie e profondità, reminiscente degli ultimi autoritratti di Rembrandt, dove la carne appare al contempo luminosa e in disfacimento. Le forme degli uccelli, rese in una inquietante palette di toni carnali spenti, ocra e bianchi spettrali, ricordano le distorsioni viscerali di Francis Bacon, le cui opere oscillano tra figurazione e dissoluzione. Eppure, le composizioni di Romanchenko restano stranamente trattenute—i suoi uccelli non sono né completamente astratti né teatralizzati, ma esistono in uno stato liminale, resistendo sia all'idealizzazione che all'abiezione totale.
Le piume, spesso rese con una precisione quasi miniaturista, introducono un sottile contrasto materico, riecheggiando la preoccupazione barocca per la texture. La morbidezza del piumaggio, giustapposta all’esposizione brutale della carne lacerata, richiama la sensibilità tattile di Jusepe de Ribera, i cui santi scorticati incarnano la tensione tra sofferenza e trascendenza. La tecnica di Romanchenko, bilanciando opacità e traslucenza, permette allo spettatore di oscillare tra il riconoscimento delle forme individuali e la percezione delle composizioni come paesaggi astratti, quasi topografici, della mortalità.
La mostra si estende oltre la pittura, creando un ambiente totalmente immersivo che coinvolge il visitatore sia spazialmente che sonoramente. Palazzo della Zattere, con le sue superfici di pietra grezza e la luce tremolante delle candele, si trasforma in una vanitas espansa, richiamando le cappelle funerarie della Roma di Caravaggio. Il gioco di luce naturale e artificiale sulle superfici delle opere genera un’esperienza quasi filmica, evocando il drammatico chiaroscuro di Georges de La Tour, ma privo della presenza stabilizzante della narrazione religiosa.
Elemento integrante di questa esperienza è l’installazione sonora, che espande la mostra nel regno dei media basati sul tempo. Attingendo alla formazione in composizione di Romanchenko presso il Conservatorio di San Pietroburgo, il paesaggio sonoro si sviluppa come un requiem frammentato, intrecciando tre opere musicali veneziane: Giovanni Gabrieli, "In Ecclesiis", Claudio Monteverdi, "Lamento della Ninfa", e Antonio Vivaldi, "Stabat Mater". Questi brani non sono semplicemente riprodotti nella loro forma originale, ma vengono sottilmente manipolati—allungati, distorti e stratificati con interferenze ambientali, rispecchiando la decostruzione della forma storica all’interno delle pitture di Romanchenko.
Particolarmente suggestiva è l’integrazione del "Lamento della Ninfa" di Monteverdi, riprodotto in prossimità di "Disruption of the Flesh". Il soprano lamentoso, sospeso in una dissonanza armonica contro il coro maschile di sostegno, rispecchia la tensione pittorica tra dissoluzione e struttura. Questo intervento sonoro richiama l’uso del rallentamento estremo nei video di Bill Viola per creare un senso di tempo prolungato, trasformando gesti effimeri in meditazioni monumentali sul corpo e sulla perdita. In "Memento Harmonia", questo allungamento temporale crea un’esperienza in cui passato e presente si fondono—il peso storico della musica veneziana diventa spettrale, transitorio, proprio come gli stessi uccelli.
La scelta di Venezia come sede di "Memento Harmonia" non è affatto casuale. Città perpetuamente sull’orlo della scomparsa, dove la grandiosità del passato coesiste con la lenta erosione del tempo, Venezia è da sempre una metafora della transitorietà. L’approccio di Romanchenko al Barocco non è meramente stilistico, ma concettuale—il suo lavoro interroga come l’estetica del decadimento, storicamente legata all’escatologia religiosa, possa funzionare nei discorsi contemporanei su estinzione, dislocazione e collasso ecologico.
In questo senso, la sua opera condivide affinità con le tele matericamente dense di Anselm Kiefer, che utilizzano accumulazione ed erosione per registrare il peso della storia. Come Kiefer, Romanchenko costruisce i suoi dipinti non come immagini statiche, ma come palinsesti, dove l’atto del segno diventa un processo di scavo. La natura frammentata e anonima dei suoi uccelli—ammassati insieme, privi di un’identità individuale—risuona con le ansie contemporanee sulla violenza di massa e la devastazione ambientale, richiamando le figure anonime di Marlene Dumas e la materialità carnale delle installazioni scultoree di Berlinde De Bruyckere.
"Memento Harmonia" non è solo una mostra, ma un’elegia, un requiem senza risoluzione. La sintesi di pittura, architettura e suono di Natalia Romanchenko trasforma Palazzo della Zattere in un sito effimero di lutto e riflessione, dove storia ed esperienza contemporanea si fondono.
Raso Alex è dottorando in Storia dell'arte e dell'architettura presso l'Università degli Stripoli di Napoli. La ricerca di Raso si concentra sull'arte iraniana del dopoguerra, con particolare attenzione alla pratica di Bahman Mohassess e alle relazioni tra la scena artistica iraniana e quella italiana. I saggi e le recensioni di Raso sono apparsi su riviste tra cui Herfeh: Honarmand, Kaarnamaa e Tandis. È stato responsabile della cura indipendente di mostre presso la Dovern University Art Gallery, la Nerrocci's Sterling Library e il Pisa Art Museum e ha condotto collezioni e ricerche espositive come John Wilmerding Intern in American Art presso la National Gallery of Art e come stagista del MuSE al Metropolitan Museum of Art.